“L’atassia cerca di togliermi autonomia e libertà, ma io non voglio dargliela vinta e cerco di vivere pienamente occupandomi ancora degli altri, come ho sempre fatto”. Racconta Rossella, che ha scoperto di essere atassica nel 2009 e da poco si è sottoposta alla biopsia delle cellule, una fase importante della ricerca scientifica dell’Università di Ferrara che stiamo sostenendo da due anni.
“La mia storia – spiega Rossella – è iniziata come quella di molti altri pazienti affetti da questa patologia terribile: improvvisi capogiri, leggeri sbandamenti, piccole mancanze dell'equilibrio. Sono stata infermiera per trent’anni, ma questi sintomi non mi dicevano nulla e per un po’ hanno portato molte domande e nessuna risposta. Poi è arrivata la visita da un neurologo specializzato e il verdetto che nessuna persona vorrebbe mai avere: atassia spinocerebellare, una patologia ereditaria, degenerativa e incurabile.
Da quel momento – continua Rossella – la mia vita è cambiata completamente perché da persona che si è sempre prodigata ad aiutare tutti, sul lavoro e in famiglia, sono passata dalla parte di chi dipende continuamente dagli altri nella sua quotidianità, ho perso la mia preziosa autonomia. Ma dentro rimango la stessa, anzi sono più forte. Perché questa malattia, feroce e distruttiva, è una sfida quotidiana che va affrontata con forza e volontà. E io non ho intenzione di mollare.
Ovviamente quello che desidero di più è una cura e penso che la ricerca sia l’unica strada per arrivarci, per ridare a me e a tanti malati la possibilità di fare le cose che facevamo prima. Per questo ho scelto di partecipare attivamente come volontaria alla ricerca che stanno svolgendo i ricercatori di Ferrara. Sono a un punto di svolta perché stanno finalmente sperimentando nuovi approcci curativi alle cellule umane, le mie e quelle di altri malati. Forse grazie a a questi passi avanti, potrò ancora prendermi cura della mia famiglia, fare la nonna e continuare a emozionarmi e sognare un futuro”.
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